Three Pints……Please!!

paginaI racconti e i pensieri raccolti qui di seguito non sono frutto della fantasia di alcuno, sono semplicemente frutto dell’esperienza di un’avventura vissuta da tre guerrieri, tre amici coinvolti in un viaggio dalle mille sorprese e difficoltà; sì un Viaggio, e questo potrebbe esserne il DIARIO DI BORDO, ma io preferisco chiamarlo “Ti ricordi?”.

L’equipaggio

Dovevano essere quattro, come i quattro messaggeri di Pontida, e invece sono partiti in tre, ma non per colpa del Rosso il macchinista, ma a causa della troppa acidità che le marmiste gli hanno fatto masticare per tanto tempo, acidità che lo ha spedito in branda per sette giorni. Il capitano, il grande Diego de La Immagine2Vega, famoso e soprattutto rispettato dalla ciurma per quel suo caratteristico “denter osti”, un uomo con le idee chiare e con un sano appetito per la cucina genuina! Il timoniere Alberto lady-killer, il più esperto navigatore della Brianza con alle spalle più di settecento miglia percorse in soli tre anni, con la passione per le giovani fanciulle e una chiara indole per le bionde. Il cuoco ma soprattutto l’interprete Carlo the terrible, conosciuto ai più per la sua leggendaria memoria e per la sua ossessione per l’ordine. Un uomo a cui nessuno oserebbe negare una Guinness, e una doccia ristoratrice.

La partenza

Non era la prima esperienza lontano dal paese, ma questa volta erano proprio alla “camera del gas”, come dice il terribile, e contavano come un militare in aria di congedo i giorni che mancavano; neanche la mala-sorte avrebbe loro impedito di partire, neanche la defezione del Rosso li avrebbe Immagine3fermati. Ed eccoli la sera del 3 Agosto sulla loro nave ammiraglia ascoltare l’ultima raccomandazione, più o meno la diciottesima: “Non dovete costringere le ragazze a venire con voi..” così apostrofava l’uccello del malaugurio. Poi tappa dal Rosso per l’ultimo saluto e distribuzione delle maglie, sì le maglie che portavano scritto lo spirito del loro andare: I think I’ll have another beer, come dire niente freni fino al nostro rientro. Era già notte, ma una notte diversa, una notte senza dormire e senza pensare, una di quelle notti con la musica, in cui puoi solo sognare, notti in cui una stella cadente è più di un desiderio da esprimere, figuriamoci due..

The Old Lady

Già da due giorni si trovavano nell’isola di smeraldo, e subito avevano capito che avrebbero visto cose, città e persone incredibili. Come ad esempio lo splendido castello della duchessa di Killarney, quella Muckross House famosa in tutto il mondo per la presenza di un giardino botanico talmente vasto da non trovarne i confini. Fu proprio in questo luogo che il capitano de La Vega condusse i suoi uomini alla ricerca della ???????????; il gruppo non temeva nulla perché il loro comandante era espertissimo di botanica ed indicava con precisione le piante che avevano fatto la storia dell’isola e quelle che l’avrebbero fatta, fino a che, in riva al lago Leane non videro due dame francesi, due splendide donne ospiti della duchessa. Immediata fu la reazione della ciurma che si avventurò a nuoto fino al loro scoglio rimanendo un po’ spiazzata realizzando che le due donne erano madre e figlia; o meglio il Terribile rimase spiazzato, poiché il lady-killer aveva trovato pane per i suoi denti, e subito mise al servizio del gruppo la sua esperienza: “ Hello, could you make a photo with us?Why? Oh, there is no reason, così”. Pessima mossa, perché le due non aspettavano altro che due gagliardi giovani per essere rapite e non due fessi con una macchina fotografica della prima Guerra…. Quindi tornarono a terra a testa bassa, ancora più amareggiati dal tentativo del capitano di rincuorarli: ”Abbiate pazienza, ma non avete visto che erano due cessi?”.Si diressero allora alla ricerca di un posto dove passare la notte, stavano cercando uno di quei posti tipici in cui puoi avvertire in pieno l’ospitalità e la simpatia del popolo irlandese, e lo trovarono poco distante da lì, a Kenmare. L’insegna nuova di pacca diceva: ”Two showers ready” un nome un po’ strano ma invitante… non altrettanto l’apparizione della padrona della locanda, una vegliarda sulla sessantina con il viso scolpito dalle troppe tazze di thè versate e mai più lavate dal lontano 1974. Si presentò ai nostri eroi come la Old Lady ed indicò loro un posto dove accamparsi, vicino ad altri viaggiatori e contrabbandieri provenienti dal nord-Europa. L’ospitalità di cui parlavamo non si fece attendere, si materializzò in tre tazze di thè e pane con la marmellata serviti come si conviene nelle migliori case di lì, ma volte l’apparenza inganna e al momento di recarsi a lavarsi qualcosa andò storto: il Terribile fu inviato, come interprete, per primo, ma non fu una buona idea, perché la Old Lady in preda ad una delle sue crisi di isteria si avventò con la furia di un ciclone sul povero cuoco che non potè fare altro che chiamare in soccorso il lady-killer: la scena che seguì fu umiliante e spinse i due in uno stato di shock confusionale, la vecchia li prese con forza e li trascinò nel bagno, indicò loro le salviette ed il sapone e li chiuse dentro a chiave. Ecco i loro intimi pensieri… Terribile ”Giuro che la prossima volta non cercherò di usare il dialetto stretto tipico di questa zona, e soprattutto non penso che avrò l’esigenza di lavarmi ogni quattro giorni”…Lady-killer ”Questa è tutta matta, ora esco e vado a prendere il mio shampoo e il mio asciugamano, lo so che è rischioso ma devo farlo ad ogni costo”… pensieri profondi e sofferti. Solo a notte inoltrata, in uno di quei pòb marci, così cari a de La Vega, ormai alla quarta birra The Terrible confesserà ai suoi amici il motivo di quella scenata isterica: cercando di parlare la lingua locale si rivolse alla vecchia signora dicendo così: “I don’t know speak English” che come tutti sanno in gaelico significa: vieni qui bella vacca che ti faccio vedere come sono fatti i tori padani.

Dingle

La sosta a Dingle rappresentò per tutti una delle tappe più significative del viaggio, non solo per quello che accadde nella città, ma soprattutto per i segni che quella città inviò. La sera, come al solito i tre viaggiatori giravano per le vie del centro alla ricerca di un pòb adatto per placare la loro sete, e come al solito quello più bello ed affollato fu scartato all’unanimità; trovarono un piccolo posticino in cima ad O’Connel Street, sufficientemente marcio per ottenere l’approvazione del capitano. Erano solo alla prima pinta quando alcuni musicisti entrarono nel locale e si accomodarono proprio accanto a loro per esibirsi; questa mossa non fu casuale, ma fortemente voluta dai tre amici, che colsero l’occasione per stringersi vicino a due ragazze sole. L’esito di tale abbordaggio sembra scontato, ma non altrettanto lo furono i messaggi che uscirono dalle loro conversazioni: erano le prime ragazze con cui attaccarono bottone, erano tedesche, percorrevano le strade dell’isola in bicicletta, e questo fatto colpì a tal punto the Terrible che da quella sera non smise più di ripetere una frase ormai diventata culto “ le elevate pendenze ed il forte vento…”, infine proprio a causa del loro mezzo di trasporto mantenevano orari piuttosto rigidi, diciamo pure di marmo, un triste presagio.La mattina seguente tutti sapevano che non sarebbe stato un giorno qualunque, ed infatti eccoli pronti a cavalcare le acque gelide dell’oceano, impavidi di fronte alla sfida con la natura, sorvegliati a vista dal loro superiore che già tempo addietro aveva giocato e vinto quella partita; eccoli fermarsi a Listowel per cercare qualche piatto tipico della loro terra, ed imbattersi nei fratelli romani. Furono molto ospitali con loro, nonostante la cattiva impressione che le braghe del Terribile suscitarono nel più sensibile dei due fratelli: “ma che, il vostro amico pensa veramente rosa ?”. Dopo un solo caffè furono messe sul banco le immagini che testimoniavano tutte le avventure e le conquiste del gagliardo signore, commentate una per una con finezza e proprietà di linguaggio degna della migliore tradizione centro-italica. Alla fine se ne andarono da quel ristorante con una sola parola sulle labbra e due certezze per il loro futuro: conquistare lì una ragazza (in particolare tedesca) sarebbe stato impossibile, e la meta del loro prossimo viaggio sarebbe stata Cuba.

The connemara Park

Clifden è una piccola città che certamente nemmeno la proverbiale memoria del Terribile saprebbe mettere a fuoco, ma niente paura perché molte volte piccoli particolari ci aiutano a riaprire grandi finestre del nostro passato. Ed il particolare in questione è un sorriso, più volte scambiato fra l’equipaggio e la compagna di un centauro dall’aria feroce, proprio per questo il loro rapporto non andò oltre quel sorriso, e le conseguenze furono subito evidenti a tutti e tre; alle cinque del pomeriggio avvertirono una strana fame a cui dovevano assolutamente porre rimedio, e quale modo migliore se non quello di pagare per soddisfare i loro bisogni. Decisero di entrare nel pòb più vicino per trovare quello che cercavano, e lì ordinarono uno dei piatti tipici: spiedini di carne con fette d’ananas e varie salse per condimento, una delizia per tutti. Il giorno seguente è ormai ricordato come uno dei più memorabili, il giorno del vero padano. Si decise che in quella data qualsiasi tipo di prova o di sfida avrebbe appurato la purezza di ogni guerriero, ma nessuno sapeva ancora quello che li avrebbe attesi. Giunsero ai piedi della cima più alta dell’isola e si convinsero a scalarla per riuscire ad ammirare da quell’altezza lo stupendo panorama che li circondava; c’erano molte vie che portavano alla vetta, alcune semplici, altre un po’ più impegnative, loro presero la via diretta sconsigliata dalle guide alpine e vietata da numerosi cartelli. Come se non bastasse alla fatica del percorso si aggiunsero le pessime condizioni del terreno, un acquitrino che molte volte diventava addirittura palude.Dopo soli quaranta minuti giunsero in cima e realizzarono che quella fatica aveva valso loro uno spettacolo visivo incredibile: l’abbazia di Kilmore, teatro di una delle più antiche leggende d’Irlanda, sbucava dalla fitta foresta circostante specchiandosi nel piccolo lago difronte. In quello stato di contemplazione consumarono il loro solito pasto, birra e salmone, ma all’improvviso la voce di un uomo alle loro spalle dissolse quel momento magico; si trattava di uno scalatore tedesco che, non si sa per quale motivo, iniziò a parlare con se stesso ad alta voce, in inglese, dicendo più o meno così: “Ah, io conquistato vetta in cinquanta minuti, magnifico, veramente fantastico paesaggio… salve, di dove siete? Padani, capisco, Nord-Italia, bellissime montagne laggiù” e si mise a fare una breve lezione di chimica delle rocce, convincendoli in questo modo a riprendere la via del ritorno. Via che fu ancora più faticosa e pericolosa di quella dell’andata, e fu allora che il capitano de La Vega sferrò un attacco frontale: “Chi arriva ultimo non è un vero padano” . La corsa che ne seguì fu una serie di cadute, storte e soprattutto grida di vero guerriero brianzolo, ma nessuno seppe mai chi uscì sconfitto da quella gara; l’unico ricordo ancora vivo nella loro memoria sono i formaggini che diventarono le scarpe del Lady-killer in seguito alla loro permanenza nel terreno paludoso. Ma quello era un evento speciale, e la gloria di un solo giorno poteva benissimo cancellare l’odore dei succesivi dodici da passare ancora insieme.

 The Little Mermaid

Dopo tanta pioggia finalmente una splendida giornata di sole, già perché la pioggia e l’umidità sono terribili, specialmente per chi, come i nostri amici, non era dotato di una copertura impermeabile al 100%, e la mattina doveva fare i conti con il sacco a pelo bagnato. Ecco perché quel giorno erano tutti e tre attivi ed intraprendenti, al punto da imboccare una stradina insidiosa per trovare un’insenatura dove poter fare il secondo bagno del loro viaggio. Le buone condizioni climatiche convinsero anche il comandante de La Vega che quella era un’occasione da non perdere, si prepararono quindi, una volta giunti vicino alla spiaggia, alla conquista di quella porzione di costa. C’erano persone sufficienti per far mormorare l’equipaggio che sembrava di essere a Rimini, ma il comandante li fece tacere all’istante, il suo occhio attento aveva notato qualcosa di speciale in quella situazione. L’ingresso in acqua fu usato come pretesto per una delle solite sfide padane, e i tre si gettarono in mare gridando e saltando; erano in acqua da ormai dieci minuti quand’ecco l’ordine imperioso del capitano: “ seguitemi in formazione”. Senza discutere la ciurma si mise in scia al suo capo, come un branco di lupi affamati, non sapevano che cosa stessero puntando, ma si fidavano di lui. Dirigevano verso la riva e proprio davanti ai loro occhi si erse dall’acqua una ragazza magnifica, nuda, sembrava che nessuno di loro avesse mai visto una simile bellezza, perché si bloccarono e cominciarono a perdere bava dalla bocca. Bionda, con un fisico da copertina, ma non una di quelle copertine volgari, una figura ipnotica, e che movimenti: pareva sfiorare appena l’acqua intorno alle sue gambe, sembrava anzi che il mare avesse paura di toccare quel corpo, e i quattro secondi che ci mise a raggiungere la riva durarono per i Padani un’eternità. Passarono il resto del pomeriggio in contemplazione di quella che loro battezzarono come patonzola, un appellativo che in patria era destinato solo alle dee. Cercarono anche, senza successo, di attirare la sua attenzione facendo risaltare nel modo più evidente possibile gli attributi di de La Vega, ma era evidente che quella creatura, se riusciva a non cedere alle “ potenzialità “ del comandante, non era umana e di questo ne ebbero prova quando si decisero ad andarsene: la giovane fanciulla entrò in mare nello stesso modo misterioso con cui ne era uscita, e quando iniziò a nuotare qualcosa di incredibile successe. Le sue gambe scomparvero per lasciare il posto ad una coda come di pesce, e a forte velocità, come fosse un delfino, raggiunse il mare aperto. Una sirenetta….. certo che le allucinazioni da alcool sono veramente magnifiche!

Jule

Fu una sorpresa per tutti e tre, una rivelazione, ed anche oggi a più di quattro mesi da quel giorno nessuno riesce a dimenticarla. Dovevano fermarsi a Cushendall, ma era evidente che il destino non avrebbe permesso ai nostri amici di sfiorare una così grande opportunità, e così il castello dove avevano scelto di passare la notte era risultato misteriosamente pieno. Altrettanto misterioso fu l’ordine impartito dal capitano di ritornare sui propri passi fino a Bally-Castle… Qui bussarono con poca fiducia alla porta di una piccola locanda, e la padrona, tanto gentile, li accolse con simpatia; da sopra la scale giunsero le voci di due ragazze, una sembrava molte forte, quasi mascolina, l’altra aveva qualcosa di inaspettato, di luminoso, e tale doveva poi rivelarsi la figura a cui quella voce apparteneva. Giovane e bella si muoveva misteriosamente fra le pareti della casa, e nei suoi occhi blu non riuscivi a trovare il confine fra la tua immagine e la sua anima. Ancora più sorprendente fu l’allegria con cui brindò insieme a loro e che contagiò tutta la locanda, ad eccezione del comandante che pareva diffidente e sospettoso, il suo istinto aveva fiutato qualcosa di insolito. Passarono la serata tutti insieme, fra birra, musica e risate, la ragazza dagli occhi blu dominava la situazione, e anche de La Vega aveva perso il suo scetticismo iniziale, ma quando fu il momento di andare a dormire tutti e tre ebbero la sensazione che qualcosa di imprevedibile sarebbe successo. “Have a good night” disse la ragazza, ma non sembrava quello il vero significato delle sue parole; immediatamente un sonno pesante chiuse loro gli occhi, e per tutta la notte furono tormentati da una musica forte, aggressiva, incessante e ripetitiva. Si svegliarono insieme, e fu allora che accade il miracolo, la ragazza scese dal suo letto sopra quello del capitano, che vide sotto la veste che indossava per la notte qualcosa di incredibile: una voglia a forma di trifoglio, un segno inequivocabile che lei non era un essere umano. “Dimmi chi sei veramente” le disse de La Vega, e immediatamente si ritrovarono in una foresta sotto un tetto di rami e foglie verdissime, in un punto in cui si intersecavano tre sentieri diversi, e lei era lì, bellissima e ancora più luminosa in quella magica luce. “Pochi uomini hanno avuto la fortuna di scoprire la mia vera identità, e ancora meno lo hanno potuto raccontare. Sono una fata, grazie alla mia bellezza porto a tutti quelli che incontro momenti di gioia, ma solo ad alcuni regalo la felicità per la vita, se anche voi state cercando la felicità io ve ne dò l’occasione: questi sentieri rappresentano la vostra vita, percorreteli e trovate il momento in cui siete stati più felici, portatemi un simbolo di quel momento ed io vi esaudirò”. Entusiasti ma anche esterefatti i tre padani si diressero ognuno su un sentiero diverso, ma più camminavano più rimanevano perplessi perché non accadeva nulla, e la via sembrava sempre identica; a poco a poco però iniziarono a pensare che il punto da cui erano partiti non era l’inizio delle loro vite, ma dove queste si erano incontrate, e capirono che quello era il posto in cui avevano trovato la loro felicità. Corsero immediatamente indietro e trovarono la fata che li aspettava: “Non avete più bisogno di me, ma ricordate sempre che dovunque andrete ci sarà sempre una fata che saprà sorprendervi e turbare i vostri sogni, dovrete solo riconoscerla, e se non riuscirete a scoprire il suo nome chiamatela pure come me… semplicemente Jule.” Già, semplicemente JULE.

L’occasione mancata

Ultimo giorno, ultimo spostamento, ultimo ostello, insomma un giorno talmente triste da meritare qualcosa che compensasse quello stato. Per quindici giorni avevano bevuto birra in gran quantità, e proprio alla guinness volevano dedicare l’ultimo giorno, sarebbero entrati nel libro dei record come più gandi bevitori di scura al mondo. Per un evento tanto speciale ci voleva una città altrettanto speciale, e la ricerca cadde su Kilkenny dal passato glorioso, dalle famose distillerie e dalle ragazze magnifiche. Per tutta la mattina si aggirarono nel centro come dei segugi alla ricerca del pòb migliore, dentro e fuori tutti i negozi di souvenirs, indossando la loro divisa da guerriero “ I think I’ll have another beer “ che veniva guardata dalle persone del posto con timore e rispetto per quel pensiero divino. La giornata cominciò a girare bene durante la visita al castello dove i nostri amici presero parte come invitati d’onore ad una rappresentazione storica sugli usi e costumi del Medioevo: dovevano rapire due damigelle e portarle nel bosco mentre uno di loro teneva occupati i soldati con la sola arma che possedessero, una macchina fotografica della prima guerra. Il rapimento fu un gioco da ragazzi, ma l’efficienza dell’arma in dotazione la lascio solo immaginare. Dopo questa breve pausa si riprese la corsa al primato, il pòb prescelto lasciò il segno nelle menti dei giovani padani, poiché a servirli si presentò la ragazza più bella che avessero mai visto fino a quel momento, più bella anche della fata Jule. Ora è vero che si trattava della settima pinta, che erano le tre del pomeriggio, ma tutto ciò non può giustificare il fatto che nessun tentativo di arrembaggio fu cercato, una mancanza che di lì a poco sarebbe stata compresa in pieno; l’ultima tappa verso il record vide il gruppo compatto ma piegato, direi quasi strisciante entrare nel pòb delle meraviglie. Una comitiva di giovani liceali festeggiava nel modo tradizionale tipico irlandese la fine degli esami: ubriacandosi. Fu quello il giorno più bello e allo stesso modo il più brutto: il più bello perché riuscirono a bere dieci pinte ciascuno, si calarono finalmente in modo completo nella mentalità e negli usi propri di quella gente, conobbero in un’unica volta un sacco di ragazze carine, e ricevettero un bellissimo ricordo da un maglioncino azzurro; il più brutto perché quella piccola comitiva lanciò un messaggio che non vollero capire, Cathrine lasciò un invito che non vollero accettare, e la marea aveva orari a cui non potevano sottrarsi. Il giorno del guinness finì così con tanta, tanta Guinness nello stomaco e un unico pensiero sui cuscini di quell’ultima camerata: la certezza che insieme avrebbero ripetuto quell’esperienza, in quale luogo e in quale tempo non aveva alcuna importanza.

The Cliffs of Mohers

Ho lasciato per ultima questa tappa del nostro viaggio perché è stata quella che più ha scolpito immagini, sensazioni ed emozioni nella mia memoria, un momento magico. Lì ho finalmente capito ed apprezzato molte cose e così vorrei farvi partecipi della mia esperienza lasciando a voi il compito di finire questa impresa, con le vostre riflessioni sulla nostra avventura, in modo da personalizzare una storia che è frutto di un’esperienza comune. Sono certo che avrete un sacco di cose da scrivere per cui non mi resta che farvi tanti auguri cercando, nel limite del possibile, di non pensare troppo a Jule o ad uno qualsiasi degli episodi che avete appena letto.

by Alberto

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